Google vs Facebook, o intento contro affinita?
Ho pensato a questo post perché è secondo me interessante capire punti di forza e di debolezza dei due giganti dell’online advertising, e alcune informazioni potranno aiutare nella scelta di una o più strategie di marketing online.
Ho trovato molto interessante un articolo di Nate Elliott vicepresidente e principal analyst presso Forrester Research dal titolo “Google contro Facebook nella battaglia per l’affinità“. L’articolo centra un punto molto importante citando John Battelle e il suo blog, che a sua volta aveva scritto un interessante post intitolato “Il database delle intenzioni“:
The Database of Intentions is simply this: The aggregate results of every search ever entered, every result list ever tendered, and every path taken as a result. It lives in many places, but three or four places in particular hold a massive amount of this data (ie MSN, Google, and Yahoo). This information represents, in aggregate form, a place holder for the intentions of humankind – a massive database of desires, needs, wants, and likes that can be discovered, supoenaed, archived, tracked, and exploited to all sorts of ends
L’assunto è semplice per Elliott, se studi cosa cercano le persone puoi vendergli quello che vogliono e difatti Google ha tramutato in un valore tutte le informazioni che possiede sulle ricerche effettuate dagli utenti tanto da trasformarlo in un fatturato da 50 miliardi di dollari nel 2012. Ma allora, anche Facebook potrebbe tramutare tutte le sterminate informazioni che possiede sui gusti delle persone con altrettanto successo? Non ancora a quanto pare, infatti il fatturato di Facebook si è fermato a soli 5 miliardi.
A quanto sembra Facebook non è ancora riuscita a trasformare le sue informazioni in qualcosa di altrettanto utile come ha fatto Google, Elliott centra il punto proprio parlando di intenti e affinità e spiega che non è tanto l’incapacità di Facebook nel utilizzare questi dati nel modo giusto, ma il fatto che Google raccoglie intenzioni e quindi può “prevedere” i futuri acquisti di una persona, mentre Facebook con i “likes” e il fan recruiting raccoglie affinità, ovvero apprezzamento per qualcosa che spesso non riguarda i futuri acquisti di una persona, ma la vicinanza verso un qualcosa che già si possiede.
Il mio parere personale è che restare legati a un unico canale di ads può essere pericoloso e bisognerebbe ricorrere a più canali contemporaneamente. Ricordo bene quando Google cambiò le regole impedendo di regalare omaggi o fare sondaggi in cambio dei dati personali e molti marketers hanno visto in serio pericolo le loro carriere.
Facebook resta un ottimo strumento di generazione di Leads, ovviamente esistono tutta una serie di fattori che vanno considerati per non rendere inutile la raccolta del contatto e concludere con successo la vendita, fattori che esulano dal canale scelto.
Tornando agli ads, il tasso di click di Google è molto più alto, probabilmente perché gli annunci intercettano le intenzioni e offrono una soluzione a un problema nell’istante stesso in cui l’utente sta effettuando una ricerca.
La strategia display di Facebook prevede di mostrare gli ads a un target specifico, che può incarnare il cliente ideale, il quale però ha manifestato interesse per quell’argomento in un momento indefinito e non è alla ricerca della soluzione a un problema o non ha manifestato un desiderio specifico in quell’istante.
Tuttavia la competizione e i costi in adwords sono in crescita continua e probabilmente piu si va avanti e meno sarà possibile pubblicizzare prodotti e servizi con basso margine.
Altre considerazioni: il geotargeting di Google non è sempre precisissimo, a differenza di quello di Facebook che è basato sui dati del profilo dell’utente.
Mentre AdWords sta decisamente diventando sempre più competitiva abbassando il ROI, Facebook è ancora abbordabile e sta affinando le armi con alcune novità.
La più importante a mio modo di vedere? I post sponsorizzati: post a pagamento che appaiono nel flusso dei post degli utenti, una scelta forse un po’ invasiva, ma che sembra pagare, visto che l’utente passa il 90% del tempo in quella sezione del sito.